Cantico al somaro
Per molto tempo mi sono soffermato a studiare e a meditare il Vangelo “alto”, quello di spessore. Ho corso il rischio di abolire dalla mia vita il Vangelo spicciolo, quello che “puzza” di povertà vera.
Ho fatto anch’io il pretino intelligente che aveva studiato Cornelio a Lapide, Ricciotti, Daniel Rops, Lebreton, Grandmaison.
Fare il prete intelligente, moderno, occupato nelle analisi sinottiche, sensibile alla carriera e alla parrocchia che conta, non è il mio mestiere.
Qualcuno dice che non lo posso fare, perché mi manca l’elemento cardine: l’intelligenza.
Vabbé!!
Più tardi, ho capito che i preti intelligenti e sinotticanti, spesso attingevano a piene mani a prediche preconfezionate da riviste specializzate.
Questo mi ha obbligato a detronizzarmi da profeta e da prete serio.
Paragonare i samaritani sudaticci e perennemente indaffarati ai somarelli che lungo i sentieri degli Abruzzi portano a casa la legna, mi è venuto così, spontaneo.
Fu così che mi invaghii di loro: del somaro del presepio, del somaro della Domenica delle Palme e del somarello che portava il buon samaritano da Gerusalemme a Gerico.
Invaghirsi dei somari è un po’ da picchiati in testa.
Me lo dicono in tanti.
Però, i somari, battono sentieri impraticabili, sono disposti a tutto, portano i pesi che non vogliono portare gli altri, non si stancano mai, sono i veri amici dei poveri, con poco fieno e poca paglia sono felici.
Terminate le loro azioni, le più eroiche, restano estranei ad ogni mania di grandezza e di ricompensa.
Nessuno si è mai sognato di trasformare il somaro in cavallo, o di premiarlo con medaglie d’oro o di portarlo all’ippodromo di San Siro per un giro di pista.
Facciamo sfilare cani, gatti, pecore, lupi, frati, politici, miss, ... ma i somari restano felicemente somari.
Se noi, del mondo della solidarietà, anziché pensarci nuovi Cirenei, complementari al Padreterno, ci pensassimo niente di più che i nuovi somarelli della Divina Provvidenza tutto tornerebbe più chiaro e genuino.
x x x
Ripensandoci meglio paragonarci ai somari, ci evita le depressioni derivanti da somministrazioni massicce di insegnamenti e addestramenti troppo spirituali.
De Mello, in una sua storiellina per niente infantile, scrive:
“Il mio primo discepolo era così debole che gli esercizi lo uccisero. Il mio secondo discepolo divenne pazzo per la serietà con cui praticava gli esercizi che gli impartivo. Il mio terzo discepolo ha intorpidito il proprio intelletto per la troppa contemplazione.
Ma il quarto è riuscito a conservare il suo equilibrio”.
“Com’è mai?”, chiedeva invariabilmente qualcuno.
“Forse perché è stato l’unico che si è rifiutato di fare gli esercizi”.
Le parole del maestro erano soffocate da scoppi di risa…”.
x x x
Io invece non rido! Ne sono convinto.
Per questo faccio solo gli esercizi del somaro.